Narrativa

Un posto vale l'altro

di Giuseppe Goisis

Esiste un altrove rispetto al qui e ora? O esistono solo dei luoghi, e uno vale l’altro? Grandi metropoli, templi sconsacrati, casolari di campagna, sgabuzzini, istituti religiosi, parchi, ospedali, roulotte. In Nord America, Sud America, Asia, Africa. ...continua »

La scrittura di Giuseppe Goisis è attraversata da mutevoli fondali, come se lo stare fermo fosse intollerabile, come se la parola d’ordine fosse “esplorare”, o meglio ancora “andare a vedere”.

Ovunque siano i personaggi di Giuseppe Goisis stanno sempre sul limitare di un accadere, agiscono, si vedono agire, in uno spostamento costante da un’inquietudine a un’altra inquietudine, da un’ipotesi di salvezza alla rassegnazione, e viceversa.

In questo continuo movimento che imprime alle sequenze narrative un solo, bizzarro e nevrotico ritmo, ecco che vengono alla ribalta anime, volti, gesti.

Un esordio sorprendente. Un talento narrativo capace di guardare dietro la crosta del mondo.

Alberto Rollo.

Senza replica

di Giuseppe Goisis

Una compagnia amatoriale porta in tournée uno spettacolo di teatro di strada, la vicenda grottesca di alcuni operai saliti sulla piattaforma della fabbrica dalla quale si minaccia di licenziarli. Sono in sette, fra attori e regista. Insieme a loro un ragazzo con ritardi mentali, che li aiuta nelle faccende pratiche. La compagnia viaggia dal sud al nord dell’Italia. All’ultima data della tournée, causa un problema tecnico non chiarito, svanirà il sogno del gruppo di partecipare a un festival internazionale, con esiti drammatici, ben oltre il fallimento teatrale. ...continua »

La vicenda è narrata in un intreccio di voci, tre. Una descrive la messinscena dello spettacolo. Una racconta i fatti della tournée. Una, in prima persona, ricorda, molti anni dopo. Quest’ultima è la voce degli attori e del regista, ciascuno un capitolo, un segmento personale di ricordo.

Senza replica è un libro che sgrana una storia dura in un tono di autentica comicità. Che fa piangere almeno quanto ridere. Un giallo senza soluzione. Politico senza appartenenza. Un copione SGRAMMATICATO, di scrittura asciutta e ritmo inquieto, nelle cui frasi è raro riuscire a dimorare, dove le parole mai sono strategiche o potenti, e i confini della finzione, per i lettori e per lo scrittore stesso, sono mischiati: quelli del teatro e della letteratura, e quelli della vita.

È un libro che lascia imbambolati, senza voglia di uscire dalla pagina…o dalla sala.

Il contrabbasso e la rosa

di Giuseppe Goisis

Il contrabbasso e la rosa è la storia di Giulio e Lavinia.
Una coppia, e la loro stanchezza.
Piccole cose ordinarie.
Ma è soprattutto la storia di ciò che non viene mai nominato.
Che sta altrove.
Ho cercato di raccontare senza dire.
Di raccontare il corpo, la malattia, la morte, il tradimento, la disabilità, la poesia, il sesso, il grottesco.
Soprattutto queste cose.
C’è una voce narrante, che non sa tutto, e una serie di altre voci, che sanno ancora meno.
C’è un giocare agli stili, solo accennato.
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Un uomo, che cammina curvo, colorato in volto dal cerone, un frac e la bombetta, sulle spalle un sacco rigonfio di spazzatura, nero. Ha il passo segmentato dei mimi, il movimento scomposto in sequenza, frammento per frammento, dal sollevamento del tallone all’allungamento in avanti del collo. Non c’è soluzione di continuità, nella sua lentezza, è un incedere scandito dalle note pizzicate di un contrabbasso, posto in cima a un tumulo fumante di materiale organico, terra, erbacce, sterco, bucce, l’uomo che suona ha un archetto che non usa, in bilico sopra un orecchio, come una penna. Pizzica le corde a occhi chiusi. Il mimo transita ai piedi del tumulo. Da lì sotto innalza il volto imbiancato verso il musico, il quale, sentendosi osservato forse, apre gli occhi, mentre il mimo fa l’atto di sfilarsi dalle spalle il sacco. Insieme, musico e mimo si fermano. Una nota stoppata, il sacco al terreno: pausa. Immobili. Occhi negli occhi. Né riconoscimento né indifferenza. Né sfida né complicità. Poi è il mimo a chinarsi verso il sacco, ad aprirlo, a ficcarci una mano, a raggiungere e stringere qualcosa, a estrarla: una rosa bianca viene alla luce, un gran bel fiore. Il mimo con cura estrema la adagia al terreno e assorbendo il gesto abbassa il collo per un saluto. Il contrabbasso in risposta torna a far suonare le sue grosse corde, le sue note gravi e tonde, ad accompagnare il passo del mimo, che ora ha ripreso il sacco in spalla e si allontana sul sentiero, divenuto di beola.

Le cento care

di Giuseppe Goisis

Gli esseri umani possono essere belli
nel loro essere uomini e donne soli,
senza altrove, senza speranze.
A continuare una specie della quale sono episodi casuali.
A sgomitare insieme al dolore. O a lasciarlo fare.
A opporre a ogni ingiustizia di Dio, o di chi per lui, una straordinaria dignità.

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Un uomo di poco conto, probabilmente malato e certamente stanco, racconta la sua casuale esperienza al servizio di una compagnia teatrale, molti anni prima, e del rapporto con chi ne fu direttore, il “maestro”, rimpiangendo tutto ciò come l'occasione perduta per una vita diversa. (Uccelli di terre straniere)

Una donna insegna alle malate in terapia oncologica come truccarsi per fare che il proprio volto non mostri i segni della malattia, combattendo le proprie ritrosie, paure, e parlandone al gatto, a casa, la sera. (MAKEUP52)

Tobia, giocatore di slot-machine, e Giosuè, amico fraterno, affrontano la morte improvvisa del padre di quest'ultimo, investito da un pirata stradale, nel dubbio di Tobia sulle proprie responsabilità per l'accaduto. (Rosario)

Giugì, dopo la morte della moglie, è succube insieme alla famiglia dell'invadenza di Gertrude, “collaboratrice domestica”, che, in uno crescendo dai tratti kafkiani, costringerà la famiglia stessa ad abbandonare la villa e a ritirarsi, per sorvegliarla, in una tenda, sotto i salici del giardino. (Matrioška)

Marìa Inès Mejia vive in Colombia ed è la custode del Remanso, una discarica naturale, braccio del fiume Cauca, dove s'accumula di tutto, anche corpi morti, gente uccisa dai trafficanti, dalla guerrilla, dallo Stato. Un ruolo di estremo rischio e ordinaria crudezza, che Marìa assolve con devozione esemplare. (Remanso)

Gli Eroi dell'ultimo racconto, infine, non sanno di esserlo, né si conoscono tra loro. Non sono famosi e forse nemmeno brave persone. Sono 11 eroi per la forza quotidiana di resistenza. Come dice la quarta di copertina: per la loro capacità di “opporre, a ogni ingiustizia di Dio, o di chi per lui, una straordinaria dignità”. Il racconto ne è il ritratto. (Eroi)

Story telling

Senza sparire

di Giuseppe Goisis , foto Giovanni Diffidenti

Senza Sparire è un libro che raccoglie 42 testimonianze di persone anziane, tutte nate prima del 1940 (Lubrina Editore). ...continua »

Il mondo che in esso si racconta è fatto di decine di chilometri al giorno, a piedi o su biciclette scassate, per raggiungere il posto di lavoro e procurarsi una paga miserrima. Di pelli di coniglio scuoiato per ricoprire il manubrio e non congelare le mani. Di scuola abbandonate ancora bambini. Di lenzuola stese ad asciugare nel prato dopo averle risciacquate nel fosso. Di scarpe di legno con la latta a fare da suola. Di frutta rubata per fame. Di michette nascoste ai fratelli perché ne restassero ai più piccolini. Di tessere per compare minestra. Di solai senza vetri. Di materassi foderati di cimici. Di passeggeri sui carri bestiame. Di mastodontici alberi sradicati da giovani maschi, la notte, per piantarli in mezzo alla piazza, il mattino, e impressionare le femmine. Di medici che, per la paura dei cani, si fanno scortare nelle visite alle cascine. Di famiglie grandi come i cortili, con il cesso, i giochi, il cibo, le paure, i bisogni, le medicine, le storie e le bestie in comune.

Senza quel giorno

di Giuseppe Goisis, foto Giovanni Diffidenti

Questo libro è formato da due parti, che corrispondono a due anime. La prima parte racconta dei 13 giorni che Giovanni Diffidenti ed io, Giuseppe Goisis, abbiamo vissuto nella zona del cratere (Amatrice, Accumuli e frazioni), dal 12 al 24 aprile 2017. ...continua »

Del viaggio di ciascun giorno per intervistare e fotografare i beneficiari del progetto di WeWorld Onlus. Si tratta della parte e dell’anima che speriamo poetica, umana e “calda”, per la quale un grazie di cuore (appunto) va alle persone che abbiamo incontrato e ci hanno accompagnato. La disponibilità offerta da parte di tutti ha reso sempre sereno il nostro lavoro.
Anche le tragedie hanno un’anima doppia e vocabolari speciali. Una zona terremotata è pervasa non solo di urla e silenzio, ma pure di acronimi e sigle. Nel corso della narrazione se ne troveranno, incomprensibili ai più come succedeva all’ascolto. Abbiamo deciso di spiegarli tutti insieme a pagina 110. Per non mischiare le anime.

La seconda parte riguarda questioni inerenti ai programmi di Aiuto Diretto nel contesto di gravi crisi umanitarie. In particolare, come WeWorld Onlus si sia mossa a sostegno delle popolazioni colpite dai terremoti del 2016 (24 agosto e 30 ottobre) e 2017 (18 gennaio): un’analisi e una valutazione dell’intervento, con annotazioni specifiche rispetto ai beneficiari, ai contributi erogati e all’impatto di tale intervento sulle donne.

Zikomo

di Giuseppe Goisis, foto Giovanni Diffidenti

Questo libro è un testamento gioioso. È quanto si offre in eredità, giunti sull’ultimo crinale/spartiacque disegnato dalla vita. Il lascito è la gioia, appunto, ed il modo di favorirne la consegna è raccontando una storia e dicendo Zikomo, grazie, a chi ne è stato protagonista. Quarantuno anni. Il Malawi. La missione di Balaka. L’Alleluya Band. Dio. La fede. L’Africa. ...continua »

Bambo/Father/Padre Mario Pacifici è colui che ci ha consegnato questo patrimonio unico e ci ha dato il compito insindacabile di spostare ogni luce dalla sua persona. Di fare di lui nient’altro che un tramite necessario, un araldo semiclandestino di questa gioia di vivere che straripa. Di rendere omaggio ad altri, alcuni, pochi, in nome di tutti. Proprio tutti. Sarà fatto Bambo.

Noi qui, senza venir meno alla consegna, ci permettiamo di aggiungere il nostro zikomo a te, per quanto breve sia stato e sarà il tempo da vivere insieme, su questo stretto crinale/ spartiacque, dal quale, tu dici, si ammira un paesaggio grandioso, e sul quale anche la morte è festa, è Pasqua, è passaggio, è definitivo ingresso a una storia senza fine.

ZIKOMO